Telemedicina: in Italia siamo ancora solo agli inizi. Il punto di vista di SIPMeL al congresso SIT
03/11/2021
Al Congresso della Società Italiana di Telemedicina (SIT), che si è svolto in modalità webinar il 22 e 23 ottobre scorsi, si è tenuta una tavola rotonda che ha cercato di fare il punto della situazione italiana.
Il concetto alla base degli interventi di esponenti del mondo della ricerca, delle Istituzioni, del management sanitario e delle componenti sociali chiamati a discutere dell’evoluzione della telemedicina nel nostro Paese, si incentra sul convincimento che saranno fondamentali i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per garantire livelli essenziali di accesso in tutte le Regioni e per tutte le patologie.
“Purtroppo solo con la pandemia esplosa nel 2020 in Italia siamo passati da una visione banale della telemedicina, che la relegava a un utilizzo meramente amministrativo, alla comprensione del suo ruolo potenziale di arma utile a migliorare efficacia e sostenibilità del sistema sanitario”, ha evidenziato Antonio Vittorino Gaddi, Presidente SIT. “Ora che abbiamo compreso il potenziale di questo strumento, occorre saperlo governare”.
“Il livello di implementazione della telemedicina nel nostro Paese è ancora molto acerbo e, di conseguenza, occorre andare spediti verso la costruzione di un sistema italiano di telemedicina, robusto, efficace, che garantisca equità di accesso”, ha illustrato Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali del l’ Istituto Superiore di Sanità.
“Durante la pandemia, la telemedicina da un lato ha aumentato il livello di equità del sistema sanitario, permettendo ad aree disagiate del Paese un accesso più agevole alle cure”, ha affermato Tonino Aceti, Presidente di Salutequità. “Tuttavia, ha anche rispecchiato le disparità che esistono fra i territori. A lcune Regioni potevano contare decine di esperienze di telemedicina, altre poco più di una".
“Negli ultimi due anni vi è stata senz’altro una crescita dell’impiego della telemedicina, ma solo relativamente a strumenti di base, come la ricetta dematerializzata, o con modalità ‘rudimentali’, come l’utilizzo della casella di posta elettronica personale dei medici di famiglia”, ha sottolineato Anna Lisa Mandorino, Segreteria Generale di Cittadinanzattiva.
Tommaso Trenti, Presidente della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica - Medicina di Laboratorio (SIBioC), ha sottolineato un punto cruciale: “Noi abbiamo enormi quantità di dati ma non sappiamo a chi comunicarli. Non ci relazioniamo né con il medico di medicina generale, né con lo specialista e quindi referti anche complessi vengono consegnati direttamente al paziente”.
“Il ‘teleconsulto’ che permette di trasferire immagini e dati tra i medici – aggiunge infine Vittorio Sargentini, Vicepresidente della Società Italiana di Patologia Clinica e Medicina di Laboratorio (SIPMeL) – può risolvere in parte questo problema e ovviare al gap di conoscenza che esiste tra gli operatori. Saranno utili pochi centri iperspecializzati perché non tutti i laboratori possono eseguire esami complessi come quelli richiesti ad esempio per la diagnosi delle malattie rare”.