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138 - Le variabili genetiche e la loro influenza nella Terapia Anticoagulante Orale

Autore/i: A. Tosetto

Rivista: RIMeL - IJLaM, Vol. 5, N. 2, 2009 (MAF Servizi srl ed.)

Pagina/e: 138-143

La terapia anticoagulante orale con dicumarolici rappresenta uno dei principali presidi terapeutici per la profilassi primaria e secondaria del tromboembolismo arterioso e venoso. Tale terapia purtroppo risente di fattori individuali che rendono necessario un monitoraggio clinico e laboratoristico di tale terapia, specialmente nella fase di inizio di tale terapia (induzione), al fine di individuare la dose di farmaco ottimale per il paziente. Recentemente, sono stati descritti alcuni polimorfismi genetici (principalmente a carico dei geni codificanti l’enzima epossido-reduttasi, VKORC1, e il citocromo P2C9, CYP2C9) che concorrono a spiegare parte della variabilità intraindividuale della risposta ai dicumarolici. La valutazione dell’uso di questi polimorfismi genetici nel predire la dose individuale è stata oggetto di vari studi, che hanno dimostrato come tali polimorfismi possono essere di aiuto, diminuendo il tempo richiesto per raggiungere il target di anticoagulazione prefissato e riducendo gli episodi di eccessiva anticoagulazione in fase di induzione. Questi vantaggi sono probabilmente più rilevanti nei pazienti che abbisognano di dosi molto piccole o molto elevate di anticoagulante, e minori nei pazienti nei quali una terapia con dosi standard risulta invece adeguata. Peraltro, i maggiori costi derivanti dall’uso di queste metodiche e l’assenza di una chiara dimostrazione della riduzione di eventi tromboticoemorragici rende l’uso routinario di questi polimorfismi ancora non raccomandabile.

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