SIPMeL

Area soci

096 - Quello che la Component Resolved Diagnosis non è ancora in grado di dirci

Autore/i: D. Villalta

Rivista: RIMeL - IJLaM, Vol. 5, N. 3-S1, 2009 (MAF Servizi srl ed.)

Pagina/e: 96-99

Riassunto
L’individuazione delle singole molecole responsabili delle reazioni allergiche verso uno specifico allergene ha rappresentato una delle maggiori conquiste degli ultimi anni in campo allergologico. La possibilità di disporre di tali molecole in forma ricombinante o nativa, infatti, ha permesso l’allestimento di test in vitro in grado di definire il singolo profilo allergenico di ciascun paziente (Component Resolved Diagnosis – CRD), con notevoli ripercussioni sul piano clinico, come quello di distinguere tra stato di cosensibilizzazione e cross-reattività, nonché la possibilità di predire l’eventuale gravità della reazione verso alcuni alimenti di origine vegetale. Nonostante tale innegabile utilità, la CRD presenta ad oggi alcune limitazioni. In alcune circostanze, infatti, non può ancora sostituire completamente la diagnostica basata su estratti allergenici e in particolare: a) quando non sono ancora a disposizione, in forma ricombinante o nativa, le principali molecole responsabili delle reazioni ad uno specifico allergene; b) quando non sono del tutto note le principali molecole responsabili delle reazioni ad uno specifico allergene; c) quando, pur essendo note e disponibili per test in vitro le principali molecole di uno specifico allergene, il paziente con sintomatologia suggestiva per allergia allo stesso risulti negativo al test molecolare. La CRD, inoltre, non sembra, allo stato attuale, poter ancora rispondere ad alcuni quesiti clinici nell’ambito dell’allergia alimentare e in particolare: a) quali pazienti con sensibilizzazione a Bet v1 potranno sviluppare SOA e verso quali tipi di frutta e/o verdura; b) quali pazienti con sensibilizzazioni alimentari presenteranno sintomi dopo ingestione dell’alimento e quali risulteranno tolleranti; c) quando bambini con sensibilizzazione a latte, uova, arachidi avranno superato l’allergia e potranno reintrodurre l’alimento. Solo il test di provocazione in doppio cieco controllato con placebo (DBPCFC), test indaginoso e non scevro di rischi, è per il momento in grado di dare risposta a tale domande. Sono in sviluppo dei microarray, comunque, che non usano la molecola intera, ma sequenze peptidiche della stessa, (peptide microarray) i cui risultati preliminari sono estremamente interessanti e che, se confermati, potranno aprire la strada all’utilizzo di tale metodica nella pratica clinica, in particolare in alcune allergie alimentari dei bambini, con il duplice vantaggio di evitare il DBPCFC e di utilizzare limitatissime quantità di sangue.

Articolo in formato PDF

Torna al numero corrente