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298 - Screening prenatale dei difetti cromosomici. Risultati di uno studio effettuato nella ASL RM/Anel periodo gennaio 2003 - gennaio 2008

Autore/i: M.R. Boccolini, R. De Angelis, R. Mattei, M.A. Spina, R. Impera, V. Sargentini

Rivista: RIMeL - IJLaM, Vol. 5, N. 4, 2009 (MAF Servizi srl ed.)

Pagina/e: 298-303

Riassunto
Premesse. E’ nata recentemente l’esigenza di elaborare un metodo efficace, economico e non invasivo, che permetta di valutare il rischio genetico dell’intera popolazione delle gestanti. Da alcuni anni è stato dimostrato come la combinazione dell’età materna, della translucenza nucale fetale e dei markers biochimici su siero materno (free-βHCG e PAPP-A, Proteina A plasmatica associata alla gravidanza) nel primo trimestre, abbia permesso di identificare l’85-90% dei fetiaffetti da trisomia 21. Inoltre, mediante lo sviluppo di nuove metodiche che consentono il dosaggio dei marcatori biochimici entro 30 minuti dal prelievo di sangue materno, è stato possibile introdurre una metodica di screening che permette di valutare il rischio di difetti cromosomici nelcorso di una sola visita (OSCAR - One Stop Clinics for Assessement of Risk). Pazienti e metodi. Sono state esaminate 7727 pazienti di età compresa tra i 20 e i 46 anni. E’ stata eseguita la misurazione ecografica della nuchal translucency secondo i criteri della Fetal Medicine Foundation di Londra ed il dosaggio dei marcatori biochimici free-βHCG e PAPP-A con metodica fluoro immunoenzimatica con il sistema Kryptor di Dasit.Risultati. In 287 casi si è ottenuto un indice dirischio >1/300. 237 sono stati sottoposti a diagnosiinvasiva che ha evidenziato 35 aneuploidie. 18 pazienti avevano un’età inferiore a 35 anni (9 trisomia 21, 2 trisomia 13, 2 trisomia 18, 2 monosomia X, 3 mosaicismo). Conclusioni. I risultati ottenuti sono conformi a quanto riportato in letteratura, e dimostrano chelo screening condotto nel 1° trimestre di gravidanza, relativamente alla individuazione della patologia cromosomica fetale, presenta una maggiore efficacia rispetto a quanto attualmente proposto dal SSN, in quanto consente di esaminare tutta la popolazione delle gestanti, riducendo il ricorso alle tecniche invasive, che andrebbero limitate ai casi in cui l’indice di rischio ecceda il cut-off 1/300.

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