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147 - Malattie infettive associate a malformazioni del feto: il complesso TORCH

Autore/i: A. Antico

Rivista: RIMeL - IJLaM, Vol. 6, N. 2, 2010 (MAF Servizi srl ed.)

Pagina/e: 147-157

Le infezioni causate dagli agenti le cui iniziali compongono l’acronimo TORCH (Toxoplasmosi, Rosolia, Citomegalovirus, Herpes e altro) non rappresentano un pericolo per il soggetto sano, ma diventano un problema clinico grave nella donna in gravidanza per i danni che possono causare al feto. È importante perciò una diagnosi accurata e tempestiva per consentire ove possibile un intervento terapeutico efficace ed adeguato. Oggi le moderne tecnologie analitiche consentono anche di collocare in un arco di tempo preciso l’insorgenza dell’infezione (avidità delle IgG specifiche) e stabilire se la malattia ha interessato il feto (test in biologia molecolare). Pertanto il ruolo del laboratorio in queste patologie non è solo esprimere un giudizio sullo stato immunologico della gestante ma principalmente governare l’iter diagnostico in funzione del reperto analitico di primo livello, per formulare la diagnosi sierologica di infezione, soprattutto nei casi in cui la malattia sia sfumata o senza manifestazioni cliniche. Il patologo clinico utilizza un percorso diagnostico ragionato che esegue in sequenza logica i test sierologici di diverso livello: si sfruttano la sensibilità e la specificità degli esami di I livello (ricerca degli anticorpi specifici di tipo IgG e IgM ) per stabilire lo stato immunologico della gravida; in caso di presunto contagio si eseguono nella stessa test di II livello (avidità degli anticorpi specifici di tipo IgG, ricerca dell’agente eziologico nel sangue con metodi di biologia molecolare) per confermare e datare l’infezione. Il percorso diagnostico si conclude, nel sospetto di infezione congenita, con l’esecuzione di test di III livello, che utilizzano metodiche di amplificazione genica per accertare la presenza dell’agente eziologico nel liquido amniotico, nel sangue di cordone ombelicale o nel prelievo da villi coriali. La presenza di IgM specifiche verso agenti TORCH nel neonato entro un mese di vita conferma la diagnosi di infezione congenita.

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