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044 - Evidenze, limiti decisionali e raccomandazioni per il referto “lipidico”

Autore/i: D. Giavarina (Estratto dall'articolo originale pubblicato su RIMEL-IJLAM vol. 6, n. 4, 2010)

Rivista: RIMeL - IJLaM, Vol. 6, N. 3-S1, 2010 (MAF Servizi srl ed.)

Pagina/e: 44-45

La refertazione dei lipidi presenta notevoli criticità e molte disomogeneità tra laboratori, sia perché il motivo della richiesta di questi test non è unico, sia perché i costituenti misurabili sono molti e con diverse performance. Inoltre, i sistemi di confronto non possono basarsi sulla teoria degli intervalli di riferimento, ma devono esse scelti opportuni livelli decisionali per la valutazione e l’interpretazione dei risultati. Nello screening del rischio cardiovascolare l’interpretazione clinica è multifattoriale, per cui la stessa concentrazione di lipide può avere significati diversi se associata o meno agli altri fattori di rischio. Il National Cholesterol Education Program-Adult Treatment Panel III propone una refertazione basata sul confronto con più livelli decisionali, dal desiderabile, al bordeline, all’elevato. Tuttavia, l’integrazione con informazioni come l’età, il diabete, l’ipertensione, l’abitudine al fumo determinano rischi cardiovascolari molto differenti che dovrebbero essere espressi nel referto. Nel monitoraggio della terapia ipolipemizzante, precisi target da raggiungere sono invece definiti da autorevoli linee guida. Anche tali obiettivi sono diversificati in più livelli, a seconda del rischio cardiovascolare del paziente. Il problema si pone nel continuo aggiornamento dei limiti decisionali a concentrazioni sempre più basse, che hanno evidenze di essere maggiormente efficaci nella prevenzione degli eventi, ma che impongono terapie più energiche. Infine, molti costituenti sono proposi in aggiunta o sostituzione del colesterolo totale e frazionato e trigliceridi. La refertazione dei rapporti tra lipidi, come il rapporto tra colesterolo totale e HDL-Colesterolo, sembra essere maggiormente discriminante tra popolazioni a rischio e ben performanti nella prevenzione secondaria. L’espressione del numero di particelle lipidiche aterosclerotiche è correlato in misura maggiore con gli eventi cardiovascolari rispetto alla concentrazione di colesterolo contenuto nelle stesse particelle. La misura delle apolipoproteine B e A-I pare quindi essere superiore alla concentrazione delle frazioni di colesterolo. Il rapporto ApoB/ApoA-I da solo ha valore predittivo maggiore di ogni altro pannello di screening lipidico. Più modesto il ruolo della Lp(a), mentre controversa è l’evidenza per altre lipoproteine, confinate fino ad oggi all’ambito della ricerca, come l’Apo A-II, Apo B48, Apo C, Apo D e Apo E o la determinazione delle Small LDL.
Conclusioni. La refertazione dei lipidi, soprattutto nella valutazione del rischio, è una refertazione critica, che può indurre ad un’azione anche farmacologica. Questo fatto può essere di grande efficacia clinica nei soggetti a rischio, oppure inappropriato in soggetti non a rischio, anche se con “iperlipemie”.

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