SIPMeL

Area soci

201 - Gli accessi venosi: piccola storia di una grande manovra

Autore/i: P. Sette, R.M. Dorizzi, G. Castellano

Rivista: RIMeL - IJLaM, Vol. 4, N. 3, 2008 (MAF Servizi srl ed.)

Pagina/e: 201-205

Nel 1628 William Harvey studiò e descrisse la circolazione umana su cadavere. Due altri studiosi, Percival Christopher Wren e Daniel Johann Major, si dedicarono, stimolati dalle sue intuizioni, ad una rudimentale tecnica di incannulazione venosa periferica, sfruttando i materiali disponibili a quell’epoca. Il primo a tentare di incannulare un vaso venoso centrale su una giumenta fu invece il pastore inglese Stephen Hales nel 1710. Solo dopo più di due secoli Werner Forssmann sfruttò l’incannulazione vascolare per somministrare farmaci per via endovenosa (1929); l’autore non ebbe la possibilità di proseguire i suoi studi e precorreva talmente i tempi da essere respinto dal mondo scientifico e professionale. Gli Stati Uniti offrirono un terreno più fertile a André Frédéric Cournand e a Dickinson Woodruff Richards Jr che si dedicarono anche al cateterismo cardiaco e agli studi emodinamici. Forssmann, Cournand, e Richards ottennero nel 1956 il Premio Nobel per la Medicina. L’intuizione geniale e l’ostinata perseveranza di questi pionieri aveva infatti aperto la strada a nuovi e più sicuri sistemi infusionali, indispensabili per infondere soluzioni iperosmolari o altrimenti irritanti e per permettere gli studi di emodinamica.

Articolo in formato PDF

Torna al numero corrente